L’ESTETICA CHE VORREI

L’ESTETICA CHE VORREI

Il mondo sta cambiando velocemente che si tratti di clima, tecnologie, di mode, di etica, di abitudini, in ogni ambito possiamo vedere continue trasformazioni che a volte fatichiamo a comprendere o ad accogliere.

E anche l’estetica sta cambiando. O meglio si stanno delineando due tipi di estetica e di operatore estetico: quello della pura apparenza ed esteriorità, con i suoi servizi di ricostruzione unghie, trucco, laminazione ciglia, ecc., e quello dell’estetica funzionale, basato sulla consapevolezza che il corpo rappresenta un tutt’uno con l’anima, lo spirito e la mente.

L’attuale metodo di “cura”, spesso frettoloso, programmato e protocollato si scontra con un servizio personalizzato, ovvero centrato sull’unicità dell’individuo, basato su differenti trattamenti e adeguati metodi critici senza pregiudizi, né convinzioni assolute.

Questo perché abbiamo a che fare con un corpo e uno spirito unico per ogni individuo, plasmato dai suoi ricordi ancestrali, dal suo vissuto, da una parte inconscia, da un’alimentazione e abitudini quotidiane diverse per ogni soggetto.

È pertanto utopistico voler “inquadrare” e ingabbiare la cosmesi e le alterazioni cutanee in semplici diagnosi di lesioni dermatologiche, senza osservare ed indagare sulla causa-effetto delle stesse.

Un esempio lo è l’ ESTETICA ONCOLOGICA considerata parte dell’UMANIZZAZIONE DELLE CURE.

I processi di umanizzazione, in sostanza, consentono di rendere i luoghi di assistenza e le pratiche medico assistenziali vicine al paziente conciliando politiche di assistenza e bisogno di informazione, con percorsi di cura vicini alla persona, sicuri, accoglienti e senza dolore. Umanizzazione significa porre al centro la persona umana, al centro dei percorsi sanitari e socio-assistenziali in una visione olistica, ovvero considerare la totalità inscindibile delle componenti fisica, mentale, emotiva e spirituale.

Tenendo conto che l’aspetto estetico di un paziente risulta essere molto rilevante nell’approccio terapeutico e che molto di frequente la consapevolezza di doversi scontrare con conseguenze a volte disastrose nel cambiamento dell’aspetto (come ad esempio perdita di capelli, mutilazioni per interventi chirurgici o eventuali tossicità cutanee evidenti), porta il paziente stesso a rifiutare le cure indispensabili per la sua sopravvivenza.


Lo sviluppo scientifico e tecnologico ha senza dubbio portato grandi vantaggi ma anche il pericolo di una crescente disumanizzazione. La scienza e la tecnologia diventano disumanizzanti quando gli individui sono ridotti ad oggetti, quando i clienti/pazienti non vengono ascoltati o neppure informati su quanto si sta facendo loro. Invece è soprattutto quando presentiamo patologie o semplicemente degli inestetismi che ci mettono a disagio, che vorremmo essere trattati con più rispetto, più umanità e sensibilità e soprattutto quando siamo feriti nell’anima che vorremmo sentirci protetti e accuditi.

L’ESTETICA CHE VORREI è l’estetica dell’ascolto, dell’osservazione imparziale, senza condizionamenti né convinzioni assolute, solo con la certezza che ogni cliente che ci chiede “aiuto” per una problematica estetica, porta con sé un bagaglio unico e irripetibile che come ogni buon libro deve essere sfogliato e indagato per essere totalmente compreso e che abbisogna di una forte e sincera collaborazione fra il medico e le figure professionali che possono aiutare il paziente a superare un momento di fragilità senza troppe conseguenze psico-fisiche.

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