17 Lug L’ESTETICA CHE VORREI
Il mondo sta cambiando velocemente che si tratti di clima, tecnologie, di mode, di etica, di abitudini, in ogni ambito possiamo vedere continue trasformazioni che a volte fatichiamo a comprendere o ad accogliere.
E anche l’estetica sta cambiando. O meglio si stanno delineando due tipi di estetica e di operatore estetico: quello della pura apparenza ed esteriorità, con i suoi servizi di ricostruzione unghie, trucco, laminazione ciglia, ecc., e quello dell’estetica funzionale, basato sulla consapevolezza che il corpo rappresenta un tutt’uno con l’anima, lo spirito e la mente.
L’attuale metodo di “cura”, spesso frettoloso, programmato e protocollato si scontra con un servizio personalizzato, ovvero centrato sull’unicità dell’individuo, basato su differenti trattamenti e adeguati metodi critici senza pregiudizi, né convinzioni assolute.
Questo perché abbiamo a che fare con un corpo e uno spirito unico per ogni individuo, plasmato dai suoi ricordi ancestrali, dal suo vissuto, da una parte inconscia, da un’alimentazione e abitudini quotidiane diverse per ogni soggetto.
È pertanto utopistico voler “inquadrare” e ingabbiare la cosmesi e le alterazioni cutanee in semplici diagnosi di lesioni dermatologiche, senza osservare ed indagare sulla causa-effetto delle stesse.
Un esempio lo è l’ ESTETICA ONCOLOGICA considerata parte dell’UMANIZZAZIONE DELLE CURE.
I processi di umanizzazione, in sostanza, consentono di rendere i luoghi di assistenza e le pratiche medico assistenziali vicine al paziente conciliando politiche di assistenza e bisogno di informazione, con percorsi di cura vicini alla persona, sicuri, accoglienti e senza dolore. Umanizzazione significa porre al centro la persona umana, al centro dei percorsi sanitari e socio-assistenziali in una visione olistica, ovvero considerare la totalità inscindibile delle componenti fisica, mentale, emotiva e spirituale.
Tenendo conto che l’aspetto estetico di un paziente risulta essere molto rilevante nell’approccio terapeutico e che molto di frequente la consapevolezza di doversi scontrare con conseguenze a volte disastrose nel cambiamento dell’aspetto (come ad esempio perdita di capelli, mutilazioni per interventi chirurgici o eventuali tossicità cutanee evidenti), porta il paziente stesso a rifiutare le cure indispensabili per la sua sopravvivenza.
Lo sviluppo scientifico e tecnologico ha senza dubbio portato grandi vantaggi ma anche il pericolo di una crescente disumanizzazione. La scienza e la tecnologia diventano disumanizzanti quando gli individui sono ridotti ad oggetti, quando i clienti/pazienti non vengono ascoltati o neppure informati su quanto si sta facendo loro. Invece è soprattutto quando presentiamo patologie o semplicemente degli inestetismi che ci mettono a disagio, che vorremmo essere trattati con più rispetto, più umanità e sensibilità e soprattutto quando siamo feriti nell’anima che vorremmo sentirci protetti e accuditi.
L’ESTETICA CHE VORREI è l’estetica dell’ascolto, dell’osservazione imparziale, senza condizionamenti né convinzioni assolute, solo con la certezza che ogni cliente che ci chiede “aiuto” per una problematica estetica, porta con sé un bagaglio unico e irripetibile che come ogni buon libro deve essere sfogliato e indagato per essere totalmente compreso e che abbisogna di una forte e sincera collaborazione fra il medico e le figure professionali che possono aiutare il paziente a superare un momento di fragilità senza troppe conseguenze psico-fisiche.